Legittima l’autotutela sostitutiva peggiorativa per il contribuente

Autore: redazione
25 Novembre 2024

La sentenza numero 30051 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, pubblicata il 21 novembre 2024, legittima la possibilità per l’ufficio, anche durante il contenzioso, di sostituire un accertamento già emesso con uno diverso, più gravoso per il contribuente.

Tecnicamente il procedimento prende il nome di autotutela sostitutiva peggiorativa.

Nel caso esaminato dalla Corte un primo accertamento veniva emesso a fronte di indagini finanziarie; ma poi, durante il giudizio sul primo accertamento, l’atto veniva annullato in autotutela e al suo posto ne veniva emesso uno più gravoso per il contribuente.

Fondamentalmente l’ufficio annullava la precedente contestazione e ne emetteva una nuova, basandosi semplicemente su una nuova valutazione del medesimo fatto.

La sentenza 30051/2024 della Corte di Cassazione a Sezioni Unite

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 30051, pubblicata il 21 novembre 2024, ci spiegano che l’esercizio del potere di autotutela sostitutiva da parte dell’ufficio è legittima a fronte di vizi del precedente atto, sia di natura formale che sostanziale.

Il punto essenziale è l’interesse pubblico alla corretta esazione dei tributi, in rispetto del quale, appunto, l’Agenzia delle Entrate può, in qualsiasi momento annullare in autotutela un atto di contestazione, gravato da vizi di natura formale o sostanziale, ed emetterne uno nuovo anche più sfavorevole per il contribuente.

Gli unici veri limiti all’esercizio di tale potere di autotutela, ci spiega la Corte, sono:

  • il decorso del termine per l’accertamento previsto per il singolo tributo, in base alle disposizioni dettate dall’articolo 43 del DPR 600/1973 e dall’articolo 57 del DPR 633/1972, rispettivamente per imposte sui redditi e IVA;
  • la necessità che sull’atto oggetto di autotutela non sia stata  pronunciata una sentenza passata in giudicato.

Un tale potere, attribuito all’ufficio, di cambiare la propria posizione nei confronti del contribuente, anche con una pretesa più gravosa, anche nel corso di un giudizio pendente, con una arbitrarietà scandita dall’assenza di limitazioni all’esercizio di questa facoltà, pur se legittimo in base al diritto, lascia comunque perplessi in termini di equità intrinseca, in quanto costituisce un principio che attribuisce all’ufficio uno squilibrato potere coercitivo nei confronti del contribuente, anche dentro il processo.  

Differenze con l’accertamento integrativo

Nel corso della medesima sentenza numero 30051, pubblicata il 21 novembre 2024, la Corte di Cassazione precisa anche le differenze che intercorrono tra tale autotutela sostitutiva e l’istituto dell’accertamento integrativo, ex articolo 43 comma 3 del DPR 600/1973 e articolo 57 comma 4 del DPR 633/1972, rispettivamente per imposte sui redditi e IVA.

Grazie all’autotutela sostitutiva l’atto originario, gravato da vizi formali o sostanziali, viene sostituito da un nuovo accertamento basato sugli stessi elementi già considerati nel precedente atto di contestazione; diversamente, con l’accertamento integrativo il precedente atto di contestazione resta valido, ma, al sopraggiungere di ulteriori e nuovi elementi, viene emesso un nuovo atto di contestazione, che configura una pretesa aggiuntiva, per il medesimo tributo e il medesimo periodo d’imposta.

Quindi, fondamentalmente con l’autotutela sostitutiva gli elementi di fatto e di diritto su cui si fondava il primo accertamento, vengono rivalutati ex novo in un momento successivo e in una maniera completamente diversa da quella originaria.

Diversamente, con l’accertamento integrativo non avviene nessuna rivalutazione di quanto già contestato con il primo atto, che resta valido, ma al quale segue poi una integrazione di pretesa, basata su nuovi elementi sopraggiunti successivamente.

In definitiva, quindi, è la mancanza o la presenza di nuovi elementi che legittima una autotutela sostitutiva peggiorativa o un accertamento integrativo. Tuttavia il confine tra le due situazioni resta abbastanza labile e astratto in una moltitudine di situazioni concrete.

I principi di diritto

Sulla sentenza numero 30051/2024 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno  pubblicato quindi i seguenti tre principi di diritto sulla questione prima commentata:

  1. in tema di accertamento tributario, il potere di autotutela tributaria, le cui forme e modalità sono disciplinate dall’articolo 2-quater, comma 1, DL numero 564 del 1994, convertito dalla Legge numero 656 del 1994 e dal successivo DM numero 37 del 1997, di attuazione, e, con decorrenza dal 18 gennaio 2024, dagli articoli 10-quater e 10-quinquies, Legge numero 212 del 2000, trae fondamento, al pari della potestà impositiva, dai principi costituzionali di cui agli articoli 2, 23, 53 e 97 Costituzione in vista del perseguimento dell’interesse pubblico alla corretta esazione dei tributi legalmente accertati; di conseguenza, l’Amministrazione finanziaria, ove non sia decorso il termine di decadenza per l’accertamento previsto per il singolo tributo e sull’atto non sia stata pronunciata sentenza passata in giudicato, può legittimamente annullare, per vizi sia formali che sostanziali, l’atto impositivo viziato ed emettere, in sostituzione, un nuovo atto anche per una maggiore pretesa.
  2. In tema di accertamento tributario, l’autotutela sostitutiva in malam partem, con adozione di un nuovo atto per una maggiore pretesa in sostituzione di quello annullato, si differenzia, strutturalmente e funzionalmente, dall’accertamento integrativo, previsto dagli articoli 43, quarto comma (ora terzo), DPR numero 600 del 1973 e 57, quarto comma, DPR numero 633 del 1972, che pure comporta l’emissione di un nuovo atto per una ulteriore pretesa in aggiunta a quella originaria, posto che, nel primo caso, la valutazione investe l’atto originario che, in quanto viziato, viene annullato e sostituito sulla base degli stessi elementi già considerati, mentre, nel secondo, il precedente atto è valido e ad esso ne viene affiancato un altro, contenente una pretesa aggiuntiva per il medesimo tributo e periodo d’imposta, non ponendosi, neppure in astratto, l’esigenza di una rivalutazione degli elementi di fatto e diritto in base ai quali il primo atto è stato emesso; ne consegue che il requisito della “sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi” non si applica per il provvedimento emesso in autotutela sostitutiva ancorché fonte di una maggiore imposizione.
  3. In caso di autotutela tributaria sostitutiva in malam partem, con adozione di un nuovo atto per una maggiore pretesa in sostituzione di quello annullato, il legittimo affidamento del contribuente non è integrato dalla mera esistenza del precedente atto viziato ovvero dall’errata valutazione delle circostanze poste a suo fondamento, ostandovi il generale dovere di concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva in forza degli articoli 2 e 53 Costituzione; può, per contro, assumere rilievo, ai fini della configurabilità del legittimo affidamento, l’esistenza di specifiche indicazioni erronee o di condotte intrinsecamente contraddittorie da parte dell’agenzia fiscale anteriormente all’adozione dell’atto illegittimo qualora le somme pretese siano state compiutamente versate e ricorrano ragioni di certezza e stabilità.